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Fra le corde di Massimo Germini

"La chitarra resiste a qualsiasi attacco"

di Nadia Macrì - 29 aprile 2016
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Massimo Germini è un musicista e compositore. Suona diversi strumenti a corda (chitarra, mandolino, mandola, bouzouki, charango) e collabora stabilmente con Roberto Vecchioni, Kaballà, Mario Incudine, Giovanni Nuti, ma ha lavorato con tantissimi artisti tra cui Grazia Di Michele e Rossana Casale ed ha accompagnato Tosca, Dolcenera, Paola e Chiara in occasioni live.

Come chitarrista, ha contribuito alla realizzazione di diverse produzioni discografiche e cinematografiche come il film Il cosmo sul comò di Aldo Giovanni e Giacomo.

Ha all'attivo due dischi di musica strumentale Fuoco e Corde e Martelli, e spesso lo ritroviamo nelle vesti di giurato alle più importanti rassegne musicali italiane dal Premio Andrea Parodi al Premio Bianca D'Aponte.
Attualmente è fra i protagonisti musicali di un progetto che porta la musica nei luoghi di detenzione di cui ci racconterà meglio nella nostra intervista.


Chitarrista di Vecchioni. Ma prima di tutto chitarrista. Come è nata la voglia di vivere di musica?
Da che ho ricordi ho amato la musica, che sia poi diventata una professione è la realizzazione di un sogno.

La chitarra è in assoluto lo strumento che aggrega. Un falò, nonostante la sua magica atmosfera, diventa sterile se non c’è una chitarra nei dintorni. La tecnologia che avanza può ostacolare lo studio di questi strumenti a corde, o in qualche modo può anche stimolarlo?
Proprio per le caratteristiche che hai accennato io credo che la chitarra resista a qualsiasi attacco, soprattutto la classica e l'acustica.

Come è avvenuto l’incontro con Roberto Vecchioni?
Risale al 2001, sostituii un collega.

Noi siamo cresciuti con un numero di artisti anche limitato che però ci hanno accompagnato negli anni, adesso siamo sempre più spesso di fronte a mille artisti che durano però solo un paio di anni, e poi per farsi notare devono sbarcare in talent televisivi che nulla hanno a che fare con la musica, se Roberto Vecchioni fosse un giovane artista adesso, avrebbe avuto il suo spazio?
E' molto difficile rispondere ad una domanda del genere, sono cambiate troppe cose. I cantautori di quella generazione hanno inventato un linguaggio, oggi è più difficile proporre qualcosa di nuovo e per di più non si vendono più i dischi...

Con lui stai vivendo l'esperienza di portare la musica in carcere, ci racconti qualcosa di questi concerti insoliti?
Con Vecchioni ho visitato diversi istituti di detenzione per tenere incontri con micro concerti, ma c’è anche un altro progetto nato su un'idea di Franco Mussida, storico chitarrista e fondatore della PFM. In quattro luoghi di detenzione sono state installate speciali audioteche dove i detenuti che lo desiderano possono ascoltare musica strumentale di diversi generi ciascuno dei quali associato a nove stati d'animo prevalenti. La sperimentazione consiste nello studiarne gli effetti. Una volte alla settimana una “specialista” incontra i detenuti per un ascolto guidato, io vado al carcere di Opera. Inutile dire, senza retorica, che e un'esperienza esaltante sia dal punto di vista umano che professionale.

Che cos’è per te la libertà?
E' quanto di più prezioso esista, andando nelle carceri ne ho avuto ancor di più la certezza...

E quanto conta la cultura oggi nel rapporto con il prodotto musicale?
E' fondamentale!!! Non solo musicale ma in senso lato.

Immagina un jukebox: hai una moneta nella tua mano…quale canzone fai partire?
Mi ritorni in mente di Battisti, è una delle prime canzoni che ricordo e forse proprio per questo ancora oggi mi emoziona.

Ci sono nella tua agenda prossimi appuntamenti importanti che vuoi segnalarci?
A breve inizia il nuovo tour di Roberto Vecchioni che si chiamerà come il titolo del suo nuovo libro “La vita che si ama”.

Le mie interviste le concludo sempre con la solita domanda semi-seria: qual è la tua nota musicale preferita e perché?
Il SOL, non ho un temperamento solare, ma vorrei tanto averlo e poi in inglese è G come Germini.


Attorno al carcere
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L'autore

Nadia Macrì

Nadia Macrì, è nata nel 1977 a Zurigo, ma ha vissuto anche in altre città italiane, isole comprese.
Non è chiaro se per vocazione o per bisogno, alterna pittura, radio, canto, web e scrittura all'arte della medicina. Segue con particolare interesse gli artisti emergenti e ama tutto ciò che è alternativo.
Ha all'attivo diverse collaborazioni con emittenti radiofoniche, case discografiche e portali musicali. Collabora con diverse associazioni locali e nazionali per la realizzazione di eventi musicali, ma ama soprattutto comunicare con gli artisti attraverso le sue interviste che conclude sempre con la stessa domanda semi-seria: qual è la nota musicale preferita. Quasi a voler costruire una melodia aggiungendo una nota per volta.
Di se stessa dice: "Ci sono quelli che sanno tenere i piedi per terra. E chi ha sempre la testa fra le nuvole. Nadia è a metà. Tra terra e cielo”.
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